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IL DOPO REFERENDUM: E SE RENZI NE USCISSE RAFFORZATO?

A questo punto il Presidente della Repubblica Mattarella ha due strade di fronte a sé: trovare un nuovo premier che riesca ad avere maggioranza in Parlamento o sciogliere le Camere e indire nuove elezioni.

Soffermiamoci sul primo punto e su come sono disposti gli attori nello scacchiere politico. La strada parte in salita se si tratta di cercare un nuovo premier. Perché? Perché i principali partiti e movimenti si sono già defilati. Fatto cadere il governo vogliono nuove elezioni.

Il M5S non è in grado da solo di avere una maggioranza in Parlamento e non ha alcuna intenzione di coalizzarsi con altri per ottenerla. Sente profumo di vittoria (le vittorie a Roma e Torino sono il fiore all’occhiello della loro crescita e passaggio da movimento di protesta a movimento di governo) e si tiene come legge elettorale lo stesso Italicum che ha sempre contestato. Temono che una nuova legge elettorale sarebbe fatta in cattiva fede e con il solo scopo di svantaggiarli.

La Lega Nord di Matteo Salvini sente il vento diTrump in poppa e sta impostando la sua propaganda sugli stessi temi risultati poi vincenti: immigrazione e anti-establishment. Chiede le Primarie nel centro-destra perché pensa di vincerle a mani basse, al di là di competere contro Parisi o Berlusconi. Vuole le elezioni già a febbraio.

Forza Italia ha immediatamente annunciato che loro non sosterranno nessun Renzi bis né alcuna “fiducia tecnica” e si preparano a schierarsi come oppositori, speranzosi di aumentare il proprio bacino elettorale di voti. L’obiettivo vero è ridimensionare la Lega. Berlusconi si è riproposto come leader del centro-destra ma sta facendo i “conti senza l’oste” poiché la Corte europea dei diritti umani deve ancora esprimersi in merito al suo ricorso sull’illegittima retroattività della Legge Severino. Al momento resta “incandidabile”.

Sinistra Italiana e minoranza PD sanno bene che in quel 60% di NO loro sono quelli che possono vantare il bacino elettorale più piccolo rispetto agli altri. Tra l’altro, al momento, restano due forze avversarie: una al governo, una all’opposizione. La loro sfida sarà riuscire a raccogliere consenso sottraendone agli altri. Sinistra Italiana dovrà decidere se sviluppare un progetto con il PD o andare da sola. L’ultima volta, andando insieme con il progetto Italia Bene Comune, è finita male pur vincendo (ricordiamo l’epilogo di Bersani e l’elezione dell’ultimo Presidente della Repubblica). Basteranno le buone intenzioni per ricucire le diffidenze reciproche? La minoranza PD, invece, sfiderà Renzi al prossimo congresso per una partita che sarà tutta interna fra nuova e vecchia classe dirigente.

Renzi esce di scena dal Parlamento ma casca in piedi per almeno tre motivi:
Stessi pesi, stesse misure: se tutti ipromotori del NO si sentono oggi di mettere il cappello alla vittoria, intestandosi il 60% di voti, la stessa cosa può fare Renzi con il suo 40%. C’è solo un punto che fa la differenza: mentre lui deve al massimo sottrarre un -3% o -4% di Area Popolare che lo ha appoggiato (NCD + UDC + qualche indipendente), restando comunque intorno al un più che onesto 36% – 37%, tutti gli altri quel 60% se lo devono spartire almeno in 6 (M5S, FI, Lega Nord, Fratelli d’Italia, SI, minoranza PD).
Renzi oggi resta il segretario del Partito Democratico e, affrontando di petto la minoranza, potrebbe batterla di nuovo, poiché altri leader a sinistra non se ne vedono e il suo consenso resta gigantesco rispetto a molti altri che lo sfidano ma non hanno pari seguito elettorale. La nuova maggioranza dentro il PD potrebbe restare sempre la stessa e, per questo, ne uscirebbe ancora più forte.
Renzi potrebbe avere il tempo per ritrovare la fiducia del suo partito, ripresentarsi come leader e mettere seriamente in allarme tutti gli avversari del PD che potrebbero temere una sua nuova ricandidatura. Stavolta con il suo nome come candidato premier.

La vera domanda è: quanta voglia avrà Renzi di rincominciare i giochi ora che il pallino lo ha rimesso agli avversari? 
E nel mentre qualcuno spera si dimetta anche da segretario del PD per rigiocarsi le proprie carte.
E ricominciare da capo. Senza capo.

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